La cura di velluto

Un romanzo di Mara Piva

Il romanzo

Cosa succede quando ci si innamora di qualcuno che ti svela verità assolute?  E da quell’istante la tua vita si tingerà di significati di cui ignoravi l’esistenza? È quanto capita a Sara Riva, giovane studentessa del Master di Design al Politecnico di Milano. Tutto inizia quando la compagna di corso, Lin, viene ricoverata in ospedale e Sara le farà visita. Lì incontrerà il misterioso, giovane medico, Daniel Laurvig. Tra i due nasce un’immediata intesa. Sara nota in lui originali caratteristiche, razionalmente inspiegabili, che la portano a osservarlo silenziosa. Nel timore di trarre conclusioni affrettate decide di lasciarsi trasportare dalle emozioni. Il percorso, che porterà la protagonista alla profonda conoscenza di Daniel e del mondo a cui appartiene, è complicato. La vicenda di Sara si intreccia con quella dell’amica, Lin, coinvolta in una relazione, al centro di uno scandalo mediatico, con il giovane Riccardo Conti, unico erede di una delle famiglie più in vista di Milano. Costellata di eventi che si susseguono senza tregua, la trama vede Sara e Daniel destreggiarsi tra reale e surreale. Un vortice che coinvolgerà il lettore in una profonda riflessione tra la forza e la fragilità della vita, in cui passioni e certezze, sconfitte e vittorie sono mostrate nei loro valori più intimi.

 

“Vi è una forza estremamente potente per la quale la Scienza finora non ha trovato una spiegazione formale. È una forza che comprende e gestisce tutte le altre, ed è anche dietro qualsiasi fenomeno che opera nell’universo che non è stato ancora individuato da noi. Questa forza universale è l’Amore. Quando gli scienziati erano alla ricerca di una teoria unificata dell’universo, dimenticarono la più invisibile e potente delle forze.”

Tratto dalla lettera di Albert Einstein alla figlia Lieserl

Preludio

 

Bisogna restare in casa.
Chiusi in casa.
Neppure le passeggiate sono più consentite.
Ho fatto appena in tempo ad andare in piscina domenica mattina.

Molte domeniche fa, mi sono svegliata arrabbiata e nervosa; ero ancora a letto quando ho iniziato a discutere con il mio compagno, ma non volevo litigare con lui che, in fondo, non ha alcuna colpa. Ho indossato il costume e la tuta da ginnastica, sempre pronti nell’appendiabiti dietro alla porta della camera da letto. Sono scesa al piano di sotto, ho recuperato il borsone in lavanderia, accappatoio e asciugamani, poi altri scalini verso il garage da cui sono uscita con la l’auto diretta all’ultima appagante nuotata.
Nuoto da quando avevo sette anni: ne ho quarantasette. Ho smesso solo per qualche breve periodo, ma questo sport ha sempre avuto un ruolo importante nella mia esistenza, mi appartiene, e quando lo pratico, sono in equilibrio con me stessa, poiché ho un bisogno viscerale del contatto con l’acqua. Mi avvicino alla vasca, dopo aver controllato che cuffia e occhialini siano posizionati alla perfezione: è un rito preparatorio, per un avvenimento dal sapore mistico. Scelgo la corsia libera e prego che nessun altro la occupi. Mi siedo sul bordo piscina, piedi a mollo, e con uno sforzo di braccia, mi immergo nell’acqua. Con la concentrazione tipica dell’atleta che vuol compiere la prestazione migliore, unisco le mani, braccia ben tese a formare una freccia, piante dei piedi salde al muro e dopo una spinta energica, inizio una sequenza ininterrotta di bracciate. Percorro la prima vasca quasi completamente in apnea: prendo fiato una volta soltanto, estasiata dalla sensazione dell’acqua che mi accarezza la pelle, come un morbido lenzuolo di seta, che mi avvolge per l’intero allenamento.
Ho ricominciato a nuotare dopo l’estate, ferma da qualche tempo; mi sono impegnata ad allenarmi con costanza e disciplina per mesi, ma, ad un soffio dall’obiettivo, sono stata costretta a mollare. Cento vasche, la meta che avrei raggiunto a stile libero, senza sosta, con un’andatura tranquilla e possente. Non seguo uno schema di respirazione: è un rituale che interpreto come medicina per lo spirito; mi rilasso, ritrovo me stessa, il mio centro. Per me è meditazione, una cerimonia zen.

Quella nuotata è stata l’ultima, poi, il lunedì mattina, la piscina non ha aperto a causa del contagio da coronavirus.
Siamo nel 2020, l’Italia è, attualmente, una delle nazioni più colpite dell’Occidente, e, con fatica, prendiamo esempio dalle misure di sicurezza adottate in Cina, primo paese al mondo flagellato dal Covid-19. Questo virus, che sta infestando tutto il pianeta, pare sia nato lì, in quel paese singolare, ricco di tradizioni e storia, ma sospinto dal desiderio latente di rivalsa. Ci chiediamo perché lo stavano studiando, o creando, e come sia riuscito a fuggire dal laboratorio di ricerca. Tante domande occupano i nostri pensieri e molte teorie rincorrono un motivo che forse nessuno conosce davvero. Navighiamo in un oceano di incertezze: i nostri limiti non ci consentono la chiarezza, ma ciò che ho vissuto mi porta ad avere quella conoscenza che va oltre i confini della mente, al di là di giudizi e pregiudizi, a prescindere dalla mia stessa natura umana.

Mi chiamo Sara Riva e desidero raccontarvi la mia storia, affinché la mia consapevolezza divenga vostra e possa attenuare ogni quesito, dubbio, perplessità; possa farvi superare tutte le barriere umane e creare, dentro voi, nuove credenze. Spero che, con lucida coscienza, possiate trovare finalmente le risposte che state cercando.

…Purtroppo non siamo ancora arrivati all’era della consapevolezza».
«Hai detto siamo, non hai mai parlato come nostra parte integrante, perché ti esprimi in questo modo?»
«Perché noi siamo qui per questo. Viviamo come pendolari dell’Universo per aiutare gli esseri umani a evolversi attraverso la conoscenza. Come sta succedendo a te amore mio, tu sei una delle poche persone a essere consapevole di molte verità assolute».
«Me lo sono chiesta tante volte…perché io?»
«Perché tu sei, il mio amore». Rimase a guardarmi come se fossi io l’essere straordinario colmo di capacità e talenti sovrannaturali. Gli sorrisi, colta da imbarazzo.
«È vero Sara. Tu sei il mio amore, sei la mia anima affine. È questo il motivo», aggiunse.

L’autrice

Mara Piva nasce a Comacchio il 10 Maggio 1972. Il piccolo paese caratteristico, non sarà la culla destinata alla crescita della bambina che vivrà, invece, nella più popolosa e caotica Torino. Nel capoluogo piemontese la scrittrice manifesta, già alle scuole elementari, il proprio talento. La natura, buona e generosa con lei, le regala altre spiccate attitudini come la pittura e la progettazione. Appena adolescente si trasferisce nei pressi del paese natio, poiché alla mamma viene diagnosticata un’allergia allo smog, così l’intera famiglia torna alla terra d’origine del padre. La giovane cittadina, trapiantata in un ambiente provinciale, fatica notevolmente a inserirsi nel contesto sociale. Predilige la compagnia di sé stessa anche se, a tratti, condivide attimi con poche amicizie selezionate. Trascorre il proprio tempo a scrivere ogni giorno, incessantemente. Non smetterà mai.
Da adulta sceglie di trasformare nella propria professione il talento artistico e la progettazione. Con una Laurea in Belle Arti e un Master in Design si attesta la qualifica per svolgere la professione di: interior designer, scenografa commerciale e docente di materie inerenti all’Arte e all’Home Style. Segue tale carriera per molti anni, raggiungendo un discreto successo. La scrittura accompagna quotidianamente la sua vita, sia nella sfera intima che professionale ma, travolta dagli impegni, che la vedono pendolare tra Milano e la provincia di Ferrara, non trova spazio per manifestare al grande pubblico la propria innata attitudine. Solo il lockdown consentirà alla scrittrice di emergere, grazie alla pubblicazione del romanzo: “La cura di velluto”.

 

La cura di velluto

Un romanzo di Mara Piva

Il romanzo

Cosa succede quando ci si innamora di qualcuno che ti svela verità assolute?  E da quell’istante la tua vita si tingerà di significati di cui ignoravi l’esistenza? È quanto capita a Sara Riva, giovane studentessa del Master di Design al Politecnico di Milano. Tutto inizia quando la compagna di corso, Lin, viene ricoverata in ospedale e Sara le farà visita. Lì incontrerà il misterioso, giovane medico, Daniel Laurvig. Tra i due nasce un’immediata intesa. Sara nota in lui originali caratteristiche, razionalmente inspiegabili, che la portano a osservarlo silenziosa. Nel timore di trarre conclusioni affrettate decide di lasciarsi trasportare dalle emozioni. Il percorso, che porterà la protagonista alla profonda conoscenza di Daniel e del mondo a cui appartiene, è complicato. La vicenda di Sara si intreccia con quella dell’amica, Lin, coinvolta in una relazione, al centro di uno scandalo mediatico, con il giovane Riccardo Conti, unico erede di una delle famiglie più in vista di Milano. Costellata di eventi che si susseguono senza tregua, la trama vede Sara e Daniel destreggiarsi tra reale e surreale. Un vortice che coinvolgerà il lettore in una profonda riflessione tra la forza e la fragilità della vita, in cui passioni e certezze, sconfitte e vittorie sono mostrate nei loro valori più intimi.

 

“Vi è una forza estremamente potente per la quale la Scienza finora non ha trovato una spiegazione formale. È una forza che comprende e gestisce tutte le altre, ed è anche dietro qualsiasi fenomeno che opera nell’universo che non è stato ancora individuato da noi. Questa forza universale è l’Amore. Quando gli scienziati erano alla ricerca di una teoria unificata dell’universo, dimenticarono la più invisibile e potente delle forze.”

Tratto dalla lettera di Albert Einstein alla figlia Lieserl

Preludio

 

Bisogna restare in casa.
Chiusi in casa.
Neppure le passeggiate sono più consentite.
Ho fatto appena in tempo ad andare in piscina domenica mattina.

Molte domeniche fa, mi sono svegliata arrabbiata e nervosa; ero ancora a letto quando ho iniziato a discutere con il mio compagno, ma non volevo litigare con lui che, in fondo, non ha alcuna colpa. Ho indossato il costume e la tuta da ginnastica, sempre pronti nell’appendiabiti dietro alla porta della camera da letto. Sono scesa al piano di sotto, ho recuperato il borsone in lavanderia, accappatoio e asciugamani, poi altri scalini verso il garage da cui sono uscita con la l’auto diretta all’ultima appagante nuotata.
Nuoto da quando avevo sette anni: ne ho quarantasette. Ho smesso solo per qualche breve periodo, ma questo sport ha sempre avuto un ruolo importante nella mia esistenza, mi appartiene, e quando lo pratico, sono in equilibrio con me stessa, poiché ho un bisogno viscerale del contatto con l’acqua. Mi avvicino alla vasca, dopo aver controllato che cuffia e occhialini siano posizionati alla perfezione: è un rito preparatorio, per un avvenimento dal sapore mistico. Scelgo la corsia libera e prego che nessun altro la occupi. Mi siedo sul bordo piscina, piedi a mollo, e con uno sforzo di braccia, mi immergo nell’acqua. Con la concentrazione tipica dell’atleta che vuol compiere la prestazione migliore, unisco le mani, braccia ben tese a formare una freccia, piante dei piedi salde al muro e dopo una spinta energica, inizio una sequenza ininterrotta di bracciate. Percorro la prima vasca quasi completamente in apnea: prendo fiato una volta soltanto, estasiata dalla sensazione dell’acqua che mi accarezza la pelle, come un morbido lenzuolo di seta, che mi avvolge per l’intero allenamento.
Ho ricominciato a nuotare dopo l’estate, ferma da qualche tempo; mi sono impegnata ad allenarmi con costanza e disciplina per mesi, ma, ad un soffio dall’obiettivo, sono stata costretta a mollare. Cento vasche, la meta che avrei raggiunto a stile libero, senza sosta, con un’andatura tranquilla e possente. Non seguo uno schema di respirazione: è un rituale che interpreto come medicina per lo spirito; mi rilasso, ritrovo me stessa, il mio centro. Per me è meditazione, una cerimonia zen.

Quella nuotata è stata l’ultima, poi, il lunedì mattina, la piscina non ha aperto a causa del contagio da coronavirus.
Siamo nel 2020, l’Italia è, attualmente, una delle nazioni più colpite dell’Occidente, e, con fatica, prendiamo esempio dalle misure di sicurezza adottate in Cina, primo paese al mondo flagellato dal Covid-19. Questo virus, che sta infestando tutto il pianeta, pare sia nato lì, in quel paese singolare, ricco di tradizioni e storia, ma sospinto dal desiderio latente di rivalsa. Ci chiediamo perché lo stavano studiando, o creando, e come sia riuscito a fuggire dal laboratorio di ricerca. Tante domande occupano i nostri pensieri e molte teorie rincorrono un motivo che forse nessuno conosce davvero. Navighiamo in un oceano di incertezze: i nostri limiti non ci consentono la chiarezza, ma ciò che ho vissuto mi porta ad avere quella conoscenza che va oltre i confini della mente, al di là di giudizi e pregiudizi, a prescindere dalla mia stessa natura umana.

Mi chiamo Sara Riva e desidero raccontarvi la mia storia, affinché la mia consapevolezza divenga vostra e possa attenuare ogni quesito, dubbio, perplessità; possa farvi superare tutte le barriere umane e creare, dentro voi, nuove credenze. Spero che, con lucida coscienza, possiate trovare finalmente le risposte che state cercando.

…Purtroppo non siamo ancora arrivati all’era della consapevolezza».
«Hai detto siamo, non hai mai parlato come nostra parte integrante, perché ti esprimi in questo modo?»
«Perché noi siamo qui per questo. Viviamo come pendolari dell’Universo per aiutare gli esseri umani a evolversi attraverso la conoscenza. Come sta succedendo a te amore mio, tu sei una delle poche persone a essere consapevole di molte verità assolute».
«Me lo sono chiesta tante volte…perché io?»
«Perché tu sei, il mio amore». Rimase a guardarmi come se fossi io l’essere straordinario colmo di capacità e talenti sovrannaturali. Gli sorrisi, colta da imbarazzo.
«È vero Sara. Tu sei il mio amore, sei la mia anima affine. È questo il motivo», aggiunse.

L’autrice

Mara Piva nasce a Comacchio il 10 Maggio 1972. Il piccolo paese caratteristico, non sarà la culla destinata alla crescita della bambina che vivrà, invece, nella più popolosa e caotica Torino. Nel capoluogo piemontese la scrittrice manifesta, già alle scuole elementari, il proprio talento. La natura, buona e generosa con lei, le regala altre spiccate attitudini come la pittura e la progettazione. Appena adolescente si trasferisce nei pressi del paese natio, poiché alla mamma viene diagnosticata un’allergia allo smog, così l’intera famiglia torna alla terra d’origine del padre. La giovane cittadina, trapiantata in un ambiente provinciale, fatica notevolmente a inserirsi nel contesto sociale. Predilige la compagnia di sé stessa anche se, a tratti, condivide attimi con poche amicizie selezionate. Trascorre il proprio tempo a scrivere ogni giorno, incessantemente. Non smetterà mai.
Da adulta sceglie di trasformare nella propria professione il talento artistico e la progettazione. Con una Laurea in Belle Arti e un Master in Design si attesta la qualifica per svolgere la professione di: interior designer, scenografa commerciale e docente di materie inerenti all’Arte e all’Home Style. Segue tale carriera per molti anni, raggiungendo un discreto successo. La scrittura accompagna quotidianamente la sua vita, sia nella sfera intima che professionale ma, travolta dagli impegni, che la vedono pendolare tra Milano e la provincia di Ferrara, non trova spazio per manifestare al grande pubblico la propria innata attitudine. Solo il lockdown consentirà alla scrittrice di emergere, grazie alla pubblicazione del romanzo: “La cura di velluto”.